Siamo nelle stanze della John Hopkins University, Baltimora (USA). Non dobbiamo immaginarci con un cellulare in tasca o con gli auricolari penzoloni sulle spalle; bensì indossiamo un bel cilindro o uno scialle elegante e finemente decorato. Siamo nel 1882. Cosa ci facciamo lì: guardiamo inorriditi un pentolone fumante. L’acqua è stata appena spenta, ma tra i vapori fluttua una creaturina rivolta a pancia in su. É una ranocchia, una povera rana bollita.
«Pensate – dice un ricercatore lì di fianco – non ha neppure opposto nessuna resistenza!»
Ma come?! É stata cotta viva?! Ebbene sì… la rana in questione si è fatta bollire e senza tentare neppure di uscire dall’acqua. Ma facciamo un passo indietro e andiamo all’inizio di questo atroce e famosissimo esperimento della “rana bollita”.
L’esperimento della rana bollita: come cuocere una rana senza che lei reagisca!
Siamo sempre in quella stanza, questa volta qualche ora prima. Non indossiamo più eleganti abiti ottocenteschi, ma un camice da laboratorio. Davanti a noi abbiamo un tavolo con due pentolini. In uno l’acqua sta già bollendo, nell’altro la fiammella del fornello è spenta e l’acqua all’interno della pentola è fredda. Da una scatolina sulla vostra destra estraete una ranocchia: lei vi guarda e muove le zampette (non sa ancora la fine che le farete fare… poverina!).
- Per prima cosa, provate a mettere la rana nella pentola di acqua calda!
La rana, però, non ci sta! Schizza fuori dall’acqua come un fulmine e comincia a saltellare di qua e di là per il laboratorio. Vi ci vuole un bel po’ prima di recuperarla. Dopo tanta fatica riuscite ad afferrarla! Comincia la seconda fase dell’esperimento:
- Prendete la rana e l’adagiate nella pentola di acqua fredda.
La rana nuota, ogni tanto si ferma, osserva e si ambienta. É tranquilla, si distende. Non sa certo quello che le accadrà tra poco. Difatti, ora, voi, mentre la ranocchia si rilassa, state accedendo la fiamma sotto la pentola. Non è una fiamma viva, al contrario è lenta e costante.
Che cosa accade a questo punto?!
La rana non accenna ad uscire. Sta lì, ancora dentro la pentola. Certo, la situazione si sta… riscaldando: ma poco a poco, senza dare particolari segnali di pericolo. La temperatura sale, piano piano, ma costantemente.
Certo, ora la rana avverte che qualcosa non funziona, ma il cambiamento è stato talmente graduale che si domanda se stia capitando davvero, o forse è tutto una sua fantasia. Quando l’acqua comincia a bollire, la rana è già mezza cotta e le forze l’hanno abbandonata da un pezzo: ormai è fritta, cioè … è bollita!
Attenzione: noi funzioniamo come la rana bollita!
Ok, ritorniamo ai giorni nostri. Inorriditi? Eppure la parte forte non è ancora arrivata. Noi funzioniamo esattamente come la rana bollita! Il nostro cervello funziona esattamente come il piccolo anfibio:
Ogni cambiamento rapido è avvertito con un impatto maggiore (nel bene o nel male): richiede parecchio sforzo cognitivo e ci spinge a tornare alla nostra zona confort;
Piccoli cambiamenti costanti supportano l’adattamento a nuove situazioni perchè “ingannano” il nostro cervello, che non si accorge del cambiamento.
Questo principio è davvero un evergreen della psicologia:
- Lo ha riutilizzato l’antropologo Gregory Bateson nel trattare i cambiamenti climatici e il surriscaldamento del pianeta;
- Ne ha parlato il filosofo Noam Chomsky, in riferimento alla manipolazione dei media e alle tecniche di potere!
Un esperimento che ci aiuta a riflettere sul nostro adattamento alle situazioni!
L’esperimento della rana bollita deve farci riflettere. Ogni giorno il cambiamento ci tocca: nel bene o nel male. Certe volte è chiaro e forte, come una pentola d’acqua bollente. Altre volte è più sottile, impercettibile: ma c’è. In quelle occasioni, spesso, ci adattiamo e tante volte capita di adattarci alle piccole novità senza accorgercene – anche quando queste sono pericolose per la nostra identità, per i nostri progetti e la nostra salute mentale!
Quello che sappiamo e che la ranocchia ci insegna è che se vogliamo avere qualche influenza su ciò che ogni giorno ci trasforma, il metodo più efficace è seguire il motto:
“Chi va piano va sano e va lontano”
Perchè ormai lo abbiamo capito, questa strategia esercita su di noi un fortissimo potere. Possiamo scegliere di usarlo, o di esserne succubi.
Dobbiamo, allora, coltivare la pazienza e raggiungere i nostri obiettivi salendo un gradino alla volta la scala del traguardo. Non occorre fare grandi sforzi, anzi, a volte è davvero controproducente; Bisogna però evitare il “tutto subito”.
Il sacrificio della rana deve portarci a pensare: o scegliamo quali sane abitudini vogliamo introdurre nella nostra vita, oppure sarà il mondo a scegliere sempre per noi… con il rischio di finire bolliti in pentola!
A presto,
Giuseppe M.