Oggi parliamo di discriminazioni delle donne sul posto di lavoro! C’è ancora? Sì? No? E in quale misura?

Ebbene, qualche mese fa sono stato contattato da Giulia Distasi, una studentessa della Facoltà di Psicologia di Pavia. Cercava qualcuno che potesse darle una mano per  una ricerca sul tema “Donne e discriminazioni sul posto di lavoro”.

Adesso la ricerca si è conclusa e Giulia mi ha gentilmente ricontattato per riferirmi i risultati. Ritenendoli molti interessanti e per ringraziare apertamente chiunque abbia partecipato al percorso, ho proposto una piccola intervista a Giulia! Lei ha gentilmente accettato! Eccola qui … 🙂

 

Ciao Giulia! In due parole, chi sei e di cosa tratta questa ricerca?

Sono Giulia Distasi, una studentessa del II anno della Facoltà di Psicologia a Pavia. In questi mesi, cinque mie compagne di corso (Rachele Canavesi, Martina Dilda, Aurora Locatelli, Giulia Sandoli, Feride Sheshi) ed io abbiamo realizzato una “ricerca personale” sulla condizione delle donne nel mondo del lavoro. I risultati sono davvero interessanti. Lo sottolineano anche i fatti di cronaca: ancora oggi le discriminazioni di genere sul posto di lavoro sono un tema caldo.

 

Donne e discriminazioni: quali sono i dati su Pavia?Raccontami della ricerca, come funzionava il tutto?

Abbiamo chiesto alle partecipanti di compilare un questionario dove venivano poste numerose domande sul posto di lavoro. In particolare ci siamo interessate di:

  • Conciliazione vita/lavoro;
  • Abbandono del lavoro per dedicarti alla famiglia e ai figli;
  • Problemi al lavoro dovuti allo stato di gravidanza.

Siamo partite da zero, ma nonostante questo le adesioni non sono mancate, anzi!! Ben 200 donne hanno risposto al nostro appello! In questo modo abbiamo avuto la possibilità di avere un campione davvero omogeneo: a partire dall’età (da 20 fino a più di 60 anni), al tempo di occupazione (da un anno fino a 40 anni di contributi!!) Questo ci ha permesso, ad esempio, di scoprire qualcosa sulla penalizzazione di alcune lavoratrici e sulle difficoltà che incontrano nella conciliazione casa-lavoro.

 

Immagine correlataPartiamo con il primo punto: conciliare casa/lavoro. Cosa mi dici ?

Per conciliazione casa-lavoro intendiamo il difficile compito di destreggiarsi tra gli impegni della vita privata e gli impegni professionali.
Dalle risposte fornite dalle donne che hanno partecipato alla nostra ricerca è emerso che coniugare il lavoro e la vita privata non è sempre un’impresa facile. Per dare qualche numero:

  • Il 30% delle donne ha dichiarato di avere abbastanza difficoltà nella conciliazione;
  • Il 25% delle lavoratrici ha affermato di avere molte o moltissime difficoltà nel conciliare casa/lavoro.

Dalle testimonianze raccolte è emerso, inoltre, che sono ancora delegati quasi esclusivamente alle donne alcuni compiti come quello di prendersi cura dei bambini, gestire la casa e le faccende domestiche e occuparsi di genitori o parenti anziani. Sono proprio queste responsabilità che spesso si frappongono tra una donna e la sua carriera.

 

Un dato importante è quello relativo ai bambini e ai genitori anziani, vero?

Si, sicuramente. Le donne faticano nel conciliare casa-lavoro a causa delle numerose responsabilità che hanno rispetto alla crescita dei figli e all’accudimento dei parenti anziani. Molte mamme lavoratrici devono appoggiarsi ai nonni, alle baby-sitter o agli asili nido per continuare a lavorare. Un dato significativo è che solo il 6% delle donne intervistate dichiara di essere aiutata dal partner nella cura dei figli. Molte donne ci hanno raccontato di essersi addirittura licenziate proprio per occuparsi dei bambini o dei loro genitori anziani.

 

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I dati rivelano che le donne intervistate siano molto più sensibili della media, sbaglio?

No, è proprio così! Dallo studio che abbiamo condotto è emerso che le donne del nostro campione sono poco ciniche. Questo dato ci ha sorprese positivamente! Per cinismo intendiamo un atteggiamento di irriverenza o di indifferenza beffarda per tutti i sentimenti o gli ideali umani. É confortante sapere che questo atteggiamento sprezzante ed insensibile non rispecchi la maggior parte delle donne coinvolte nella nostra ricerca. Al contrario, le lavoratrici da noi intervistate ritengono che l’empatia sia una dote fondamentale in diversi settori lavorativi. In particolare, alcune educatrici, medici , maestre hanno sottolineato quanto sia importante non fermarsi alla prima impressione. Comprendere i processi psichici dell’altro, calarsi nella sua realtà e cogliere i suoi pensieri, sentimenti ed emozioni sembra è ritenuto molto importante. L’empatia permette di entrare facilmente in sintonia con clienti o pazienti.

 

Oltre ai dati, so che avete raccolto tante testimonianze dirette. Quale ti ha toccata di più? 

Sono moltissime le testimonianze che ho ascoltato e mi hanno sinceramente toccata. Pamela ci ha raccontato le difficoltà che ha incontrato al lavoro durante la seconda gravidanza e ha descritto quanto sia faticosa la vita di una mamma lavoratrice, spesso costretta a vivere in maniera frenetica a causa dei numerosi impegni.
Laura e Nicoletta, invece, sono arrivate a rinunciare al lavoro per occuparsi delle loro mamme anziane, affette da demenza. Mi rattrista sapere che siano quasi sempre le donne a sacrificare le carriere e le aspirazioni per i propri famigliari. Si tratta indubbiamente di gesti mossi dall’amore e dall’affetto, ma non per questo non privi di ripercussioni sul proprio benessere psicologico.

 

Quali sono i risvolti futuri?

Questo lavoro è solo al principio: al momento ciò che è stato fatto è solo una piccola mappatura, una cornice all’interno di cui orientarci in modo sempre più professionale. In futuro vorremmo quindi approfondire quest’ambito di ricerca. Come? coinvolgendo anche donne che non provengono esclusivamente dall’hinterlands Milanese e Pavese, ma da zone dell’Italia centro-meridionale. Inoltre, la prevalenza delle donne da noi reclutate aveva un’età compresa tra i 41 e i 50 anni e aveva già figli grandi e abbastanza autonomi. Potrebbe essere interessante coinvolgere un maggior numero di donne con un’età compresa tra i 20 e i 40 anni e con bambini in età prescolare, in modo tale da indagare eventuali differenze nella conciliazione vita-lavoro o legate allo stato di gravidanza.

 

A presto,
Giuseppe Marino